
Monumento ai Caduti della Strage di Vigorso
Tipologia
Luogo di collocazione
Data di collocazione
Materiali
Bronzo, Marmo, Pietra, Pietra per la grande lastra che costituisce il corpo portante del monumento. Marmo per la lapide su cui è composta l’epigrafe. Ferro per i quattro perni di sostegno della lapide. Bronzo per i caratteri in rilievo che formano l’epigrafe. Cemento per rivestire il breve percorso che conduce al monumento e per il pilastro atto a sostenere l’eventuale catena di protezione. Ottone per la piccola targhetta posta sopra la lapide.
Ente preposto alla conservazione
Gli avvenimenti di Vigorso del 21 Ottobre 1944 rientrano in una grande operazione di rastrellamento con cui i nazifascisti volevano catturare civili da impiegare come manodopera in Italia o nel Reich e per fermare gli antifascisti che nel comune di Castenaso erano numerosi ed erano sostenuti dalla popolazione. Inoltre i tedeschi volevano concentrare qui e nei comuni vicini le loro truppe per impedire agli Alleati di arrivare ad occupare e liberare la Pianura Padana.
Il Comando Unico Militare Emilia-Romagna (C.U.M.E.R.) di cui facevano parte le varie formazioni partigiane bolognesi aveva dato ordine ai partigiani di dirigersi verso Bologna per un’insurrezione generale, sperando che la città potesse essere liberata dai partigiani prima dell’arrivo delle forze Alleate.
In esecuzione di questo ordine le formazioni partigiane si spostarono verso Bologna e un certo numero di resistenti si concentrò nei comuni attorno alla città, fra cui Castenaso.
A Vigorso di Budrio, la sera del 20 Ottobre 1944, arrivò un gruppo composto da uomini di varie brigate, provenienti da Imola, da Castel San Pietro, dall’Appennino bolognese e da partigiani della zona.
Si sistemarono per la notte nel Podere Mazzacavallo di proprietà delle sorelle Maccagnani, un cascinale in posizione abbastanza isolata, non occupato dai tedeschi e dove non c’erano stati rastrellamenti.
All’alba del 21 Ottobre, giorno previsto per il trasferimento a Bologna dei partigiani, iniziò una grande operazione di rastrellamento condotta da parte dei nazisti, con la partecipazione di fascisti della 23ª Brigata Nera di Bologna. I tedeschi avevano a disposizione carte con la segnalazione delle basi partigiane, probabilmente per un delatore del posto.
Giunti al Podere Mazzacavallo i nazisti scoprirono quasi immediatamente alcune armi nascoste sotto una catasta di fascine; fecero quindi uscire di casa le sorelle Ida, Enrica, Emma e Giuseppina Maccagnani, il marito di quest’ultima Celestino Gabrielli – sfollato con la moglie presso le cognate – il bracciante Ivo Galletti, sua moglie Chiara Poluzzi e la loro figlia Anna Teresa Galletti, e iniziarono a perquisire il rustico.
I partigiani, vistisi scoperti, aprirono il fuoco. Lo scontro si concentrò nella zona di Vigorso di Budrio e poi in quella di Fiesso di Castenaso, fu aspro e durò diverse ore. Otto partigiani furono uccisi nel combattimento (Medardo Bottonelli, Carlo Casarini, Enzo Melloni, Mario Pirini, Giovanni Tassoni, Modesto Zanetti, Enzo Zuffi e un partigiano rimasto sconosciuto).
Altri furono catturati: Ilario Giuliani e Orlando Biavati. Giuliani, trovato in possesso di una pallottola, fu percosso ripetutamente e poi ucciso con un colpo di arma da fuoco alla schiena. La sorella di Giuliani raccolse il suo corpo abbandonato e lo trasportò a casa. Biavati fu invece condotto a piedi prima presso un Comando tedesco e poi alla Casa del Fascio di Budrio, dove fu consegnato al segretario del Fascio che, dopo averlo interrogato e aver chiamato un suo parente per riconoscerlo, lo fece ricoverare all’Ospedale.
Alcuni dei partigiani superstiti vennero scoperti nascosti in un campo della Possione Corazzina e catturati. Furono trasferiti a Medicina nella sede della (la polizia militare tedesca, a Villa Viaggi, presso la ferrovia “Veneta” e otto di loro furono fucilati il giorno successivo.
Gli edifici del Podere Mazzacavallo furono incendiati e i civili lì presenti uccisi per aver ospitato i partigiani. Ivo Galletti fu impiccato ad un albero vicino ad un edificio in fiamme e il suo corpo venne carbonizzato; Celestino Gabrielli morì percosso alla testa con il calcio di un fucile. Le sorelle Maccagnani, Chiara Poluzzi e sua figlia Anna Teresa Galletti furono allineate per essere fucilate. Ida, Emma, Enrica e Giuseppina Maccagnani morirono subito, mentre Chiara Poluzzi e la figlia restarono coperte dai corpi delle altre donne: la madre si salvò, ma non la giovane Anna Teresa che morì per le ferite riportate. I corpi dei civili e dei partigiani uccisi in combattimento furono abbandonati sul posto. Solo dopo una decina di giorni ne venne ordinata la sepoltura per intervento del parroco di Vigorso presso le Autorità fasciste locali.
Più di una testimonianza fa riferimento a un partigiano slavo che dopo la battaglia fra resistenti e tedeschi collaborò con questi ultimi per individuare i partigiani fra la massa dei rastrellati.
